“Storicamente ci sono stati molti approcci diversi alla filosofia della probabilità. Il concetto che due persone possano avere visioni del mondo diverse, e quindi le esprimano con probabilità diverse, rimase estraneo alla ricerca. Occorse quindi un po’ di tempo prima che i ricercatori scientifici accettassero la nozione non-aspergiana che persone diverse, pur essendo tutte razionali, possano assegnare probabilità diverse a futuri stati del mondo. Si parlò in proposito di “probabilità soggettiva”. La probabilità soggettiva fu formulata da Frank Plumpton Ramsey nel 1925 e da Bruno de Finetti nel 1937. L’opinione sulla probabilità di questi due giganti del pensiero è che essa può essere rappresentata come una quantificazione del grado di fiducia (attraverso un numero compreso tra 0 e 1, corrispondente alla forza della propria convinzione sulla probabilità che si presenti un determinato evento) e che è soggettiva poiché esprime una convinzione dell’osservatore, il quale la formula nel modo più razionale possibile entro i limiti nei quali è costretto. Questi limiti, imposti da un’esigenza di coerenza nel processo decisionale, sono ovvi: non si può stimare che ci sia un 60 per cento di probabilità che domani nevichi e un 50 per cento di probabilità che non nevichi. L’agente deve evitare di violare il cosiddetto vincolo del Dutch Book, che comporta che non si possano esprimere le proprie probabilità in modo incoerente impegnandosi in una serie di scommesse che implichino una perdita sicura, per esempio agendo come se le probabilità di accadimenti alternativi possano sommarsi fino a dare un totale maggiore del 100 per cento.”
Nassim Nicholas Taleb, Robustezza e fragilità, 2010
“In this book, we shall take the view that probability is your numerical expression of your belief in the truth of an event in your current state of knowledge; it is personal, not logical”
Probability does not exist as a property of the world in the way that distance does, for
Dennis V. Lindley, Undestanding Uncertainty, 2013